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Luigi Pirandello. I momenti fondamentali della concezione pirandelliana della vita e lo svolgimento dell'arte di Pirandello

LUIGI PIRANDELLO

I momenti fondamentali della concezione pirandelliana della vita e lo svolgimento dell'arte di Pirandello


Luigi Pirandello


L'attività più intensa del Pirandello si svolse in un momento particolarmente tormentato della nostra storia e cioè nel trentennio che va dal 1900 al 1930. Sono gli anni in cui si prepara la prima guerra mondiale. Fu un periodo confuso non soltanto sotto l'aspetto politico e sociale, ma anche in quello letterario. Già negli ultimi decenni dell'Ottocento, nella letteratura e particolarmente nel teatro, si cominciò ad avvertire un senso di stanchezza e di amara delusione, che rispecchiava la società borghhese post-risorgimentale. Al positivismo, che aveva esaltato l'intelletto umano come capace di costruire un nuovo mondo di felicità sociale e di grande progresso, subentra il decadentismo con la sua ansia metafisica, col gusto dell'ignoto e dell'inconscio, con le sue incertezze e le sue contraddizioni. In un mondo dove tutto è messo in discussione l'uomo si ritrova solo e deluso, senza fede e senza fiducia, dopo che tutte le speranze di rinnovamento sociale e di progresso civile sono andate deluse e le ingiustizie sembrano essere cresciute piuttosto che diminuite. Lo sbandamento delle coscienze si riperquote anche nella letteratura: accanto alle forme, enfatiche del Carducci sta la voce smarrita e flebiile del Pascoli; al superonismo di un D'Annunzio, artefice dovizioso ed eloquente, si contrappone, la poesia dolente, scettica e dimessa dei crepuscolari, inquieti, delusi e ossessionati dal pensiero della morte. Questa generazione senza baandiera e senza destino doveva poi affrontare la durissima prova della guerra; ma neppure il bagno di sangue sarà sufficiente a restituire fiducia e coraggio. La delusione che seguì alla vittoria altro non fece che accentuare la certezza della inutilità di tanti sacrifici di vita umane; da qui uno spasmodico desiderio di godere la vita da parte di chi si era salvato dall'immane tragedia della guerra. 
In questo clima spirituale nasce e si sviluppa l'opera di Pirandello. Evidenti, anche se esteriori soltanto, sono i legami dell'opera pirandelliana con l'esperienza verista. Nella prima produzione, e particolarmente nelle novelle, ritroviamo lo stesso ambiente piccolo-borghese, che richiama situazioni e modi di Verga, con una rappresentazione apparentemente impersonale di costumi e di personaggi, che vanno dai solfatari ai pescatori, dai contadini ai piccoli proprietari. Anche i personaggi di Pirandello, sono dei poveri derelitti, ma, non sono dei rassegnati al destino, ma anime inquiete, tormentate, pronte alla ribellione, ossessionate dal desiderio di credere non appena si accorgono di vivere una vita che non è loro, perché sentono <<la pena di vivere così>>. 
Il dato realistico rimane indubbiamente il punto di partenza, il primo momento in cui l'autore prende contatto con la realtà umana, osservata come essa è; dice infatti Pirandello: <<Scrivere per fare della letteratura, per gioco dello spirito, mi par cosa stranamente vana. Le parole non mi interessano, bensì le cose>>. E proprio dalla osservazione delle <<cose>> egli sviluppa una più attenta meditazione, che tende ad andare oltre le apparenze, per penetrare nella condizione intima della vita di tanti individui e cogliere i contrasti tra l'essere e il parere. Il Pirandello sposta la sua attenzione e il suo studio dell'ambiente all'individuo, allontanandosi sempre più dal naturalismo e dal verismo, per accogliere le istanze e le inquietudini proprie del decadentismo. La realtà gli appare come qualcosa di mutevole, di vario; nulla è certo, tutto è illusione, diversa da momento a momento e da individuo a individuo. L'uomo crede di essere uno, ma in realtà non è nessuno; per chi lo osserva è centomila, in quanto assume personalità diverse secondo il concetto degli altri. La notra vera personalità, il nostro <<volto>> rimangono soffocati sul nascere da una <<maschera>> che gli altri ci impongono dall'esterno e in base, alla quale noi viviamo; la società ci coarta con i suoi pregiudizi e le sue consuetudini, che finiscono per inaridire lo slancio vitale o per fare di noi personalità schematizzate, senza volto. Così conformato l'uomo non ha neppure la possibilità di conoscere sé stesso: spesso infatti si sente mosso nell'agire da forze misteriose, incontrollate, che provengono dal suo subcosciente: è la <<vita>> che pulsa e ribolle sotto la maschera nel tentativo di erompere. E'a questo punto che nasce il dramma dell'individuo, nel momento in cui egli si rende conto di vivere una vita che non è la sua e passa dal semplice <<vivere>> al <<vedersi vivere>>. Da questa situazione tragica e dolorosa dell'individuo che inutilmente tenta di infrangere la <<maschera>> per scoprire il <<volto>> nascono le situazioni strane, assurde, paradossali che si incontrano nell'opera del Pirandello e in particolare nel teatro. 
Tra vivere e vedersi vivere v'ha, secondo Pirandello, opposizione radicale. Chi vive, quando vive non si vede, vive puramente e semplicemente. Chi, invece, vede la propria vita, è segno che non la vive più, ma la subisce, la trascina come un peso... Il dramma pirandelliano è il dramma di gente che ha vissuto la sua vita così e così determinata, poi, di colpo, si ritrova come dinanzi a uno specchio in cui essa contempla l'immagine della propria vita: di colpo, cioè dalla vita pura e semplice passa al vedersi vivere, alla coscienza riflessa della sua vita. 
La impossibilità dunque dell'individuo e della società di fissare una verità assoluta, conduce l'uomo ad annaspare nel buio del mistero che l'avvolge, senza possibilità di raggiungere alcuna certezza. Nasce così la incomprensione tra noi e coloro che ci stanno attorno, poiché ognuno parla il liguaggio degli altri, per cui è impossibile stabilire un colloquio. Incomunicabilità, solitudine, incomprensione, aridità sono i caratteri comuni a quasi tutti i personaggi dei drammi pirandelliani. Negli scritti che vanno dal 1904 al 1928 circa (il fu Mattia Pascal; Si gira; Liolà; Il berretto a sonagli; così è se vi pare; Enrico VI; Sei personaggi in cerca di autore e moli altri) compaiono alcuni aspetti caratteristici dell'arte pirandelliana, quali l'amaro umorismo, il relativismo, la illogicità della vita, lo sdoppiamento della personalità, l'analisi introspettiva, l'eccessivo raziocinio. Questa posizione di disgusto e di disprezzo del mondo e della vita umana porterebbe irrimediabilmente alla follia e al suicidio, se l'uomo non tentasse in qualche modo di reagire, di trovare una soluzione agli inquietanti interrogativi che la vita gli pone. E' ciò che tenta di fare Pirandello negli ultimi lavori dopo il 1930, quando una nuova disposizione d'animo lo spinge a riaccostarsi a quei miti, che egli stesso aveva distrutto col suo sottile filosofare. Si tratterà di illusioni di pietosa insania o di ameni inganni ma pur sempre necessari al vivere umano. Le vie d'uscita per l'uomomnon sono tante: o accettare la vita come essa si presenta, aassumendo la maschera che noi ci siamo data o che altri ci hanno imposto, oppure rifugiarci nei grandi miti. E' quest'ultima soluzione che Pirandello ci propone in alcuni suoi drammi dell'ultimo periodo: vediamo così il ritorno al mito della fede in Lazzaro a quello dell'aarte ne I giganti della montagna. 

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