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La trattatistica barocco - moderata

Critica e trattatistica del barocco

La trattatistica barocco - moderata


San Matteo e l'angelo. Caravaggio


Con la disputa intonro all'Adone si conclude la stagione delle grandi polemiche che, hanno scandito la storia del gusto italiano tra secondo Cinquecento e primo Seicento. 
A metà secolo gli episodi più importanti della storia della critica italiana vanno cercati nella trattatistica sul concettismo. Si tratta di una fase di ripensamentto, e per certi rispetti anche di ristagno, dopo i grandi entusiasmi e le grandi proteste di fronte alla nascita del nuovo stile, per cui l'ansia di novità della cultura secentesca si volge in una direzione differente: l'attenzione si concentra sul perfezionamento delle regole retoriche, sull'aggiornamento dell'estetica, con l'orgoglio barocco nell'affrontare temi non sistematicamente affrontati dagli antichi ma anche con la preoccupazione moderata di evitare attraverso na regolamentazione i difetti del nuovo stile, salvandone invece gli elementi migliori. E' un fenomeno che coincide con gli anni della maggiore depressione economica e sociale dell'Italia, quando entro la società capitalistico - feudale la forza aggressiva e sontuosa della  nobiltà italiana perde mordente e si ha il momento di forse maggiore clericalizzazione della letteratura italiana: il lusso, la lascivia, la spavalderia avventurosa hanno minore presa che all'epoca del Marino e nella vita sentimentale, che resta di tipo barocco, acquistano maggiore spicco preccupazioni di saggezza gesuitica e di devoto moralismo. 
L'indiscriminata ricerca di novità s'attenua e vi si unisce un bisogno di raffinatezza più acccorta; non sono più possibili i recuperi un pò semplicistici di tipo tassoniano della rivluzione antiaristotelica delle scienze, è in alcuni letterati barocchi moderati una capacità di utilizzare, la lezione della cultura scientifica, di serietà, di attenzione al particolare. L'iniziatore di questa fase della critica secentesca, il primo teorico dell'acutezza, il Peregrini, rappresenta le esigenze di regolamentazione del barocco nelle sue forme più facili. 


Il ratto delle sabine

Nel suo trattato Delle Acutezzze sono alcuni elementi che appartengono senz'altro al barocco più tipico: l'affermazione anzitutto della novità della sua ricerca: molti hanno praticato le acutezze ma egli è il primo che ne indaga le regole, che foonda sopra di esse un'arte; il riconoscimento in secondo luogo della superiorità della scrittura arguta su quella non figurata cui si lega, in alcuni campi anche una pratica adesione ai modi del nuovo stile. Ma c'è anche una forte diffidenza verso un indiscriminato uso delle arguzie e c'è una protesta in nome di un ideale di <<eloquenza contegnosa>> contro la <<mera nobile buffoneria>> cui si riduce lo stile figurato quando è perseguito solo per far <<mostra d'ingegno>>. Questa diffidenza e questa protesta fanno sì che il Peregrini rifiuti proprio la giustificazione al nuovo stile su cui più puntava l marinista ortodosso Aleandri: il suo successo presso il pubblico. Egli appartiene bene senza forti inquietudini, alla civiltà seicentesca che, come si è visto, al pubblico era tutta fortemente interessata.  
Egli analizza l'adesione del pubblico allo stile ingegnoso e s'accorge che essa non è tale da grantire, da sola, vera diginità letteraria. E' adesionde degli <<infarinati di lettere>>, di chi, senza una profonda cultura e sensibilità poetica, si lascia abbagliare dai fenomeni più vistosi di virtuosismo retorico per il gusto di essere al corrente, di parere raffinato, e cioè una moda superficiale non una reale corrispondenza alle esigenze più autentiche dell'età.
Da queste constatazioni il Peregrini resta entro il barocco. Si propone però di illustrare i criteri con cui essa va adoperata per evitarne i difetti, e cioè entro il barocco un moderato. 


Sant'Ivo alla Sapienza

Propone alcuni cirteri esterni, una serie di pratiche <<cautele>> che consigliano un diverso dosaggio della carica concettistica secondo i vari generi letterari; criteri che contraddistinguono tuttavia proprio un'aspirazione fondamentale al gusto barocco, l'aspirazione alla fusione dei generi e dei toni, mentre ne confermano altre: al soneto sono concesse più libertà perché lo si concepisce, proprio come lo concepiscono i ministri, simile a un'epigramma. Il Peregrini propone anche criteri più interni, la distinzione cioè tra finnzione nascosta che è la finzione legittima, e quella palese che pporta invece rischi di buffoneria. E' preoccupazione intellettualistica; ma è preoccupazione vicina anche a richieste del Villani di un ornamento che adoperi realmente nella situazione sentimentale del testo, non mostri troppo scopertamente la sua arbitrarietà, persuada il lettore e non soltanto lo stupisca con le sue trovate. 
La voolontà moderata di fuggire le esagerazioni che caratterizza questa fase di ripensamento teorico ddel barocco rivela sotto questo aspetto anche un aspetto positivo del barocco stesso; la moderazione del Peregrini è anche un impegno di perffezionare il nuovo stile. 
Sono atteggiamenti che ritornano nel secondo trattatista moderato, Sforza Pallavicino. Nel libro, il trattato dello stile e del dialogo, il futuro cardinale non si discosta notevolmente dalle posizioni di gusto del Delle Acutezze del Peregrini. C'è sol una trattzione più sciolta, in grado di mettere a fuoco in un discorso razionalmente meglio fondato le indicazioni del gusto moderato, di accordare alla preferenza per un uso metaforico non scopertamente arbitrario, non solo la volontà di una scritura che smuova, operi, ma anche una certa funzione gnoseologica del concetto. E c'è un raccordo tra la regolistica moderata e un programma culturale più impegnato e moderno, di quel che non fosse l'aspirazione del Peregrini ad un'eloquenza <<contegnosa>>; c'è cioè un ideale di prosa insegnativa che rifiuti sia il preziosismo  erudito dei termini diffcili, sia la frivolezza dei troppi fiori attraverso un prudente uso del linguaggio figurato in uno stile corposo ed amabile dove la vena di misuraata piacevolezza gesuitica rivela il suo apsetto migliore, il suo gusto civile di conversazione ben educata, in utile correzione dello sfarzo altisonante della società neofeudale secentesca. Nel Del Bene al centro èil solito problema del gusto letterario di questi anni, il conflitto tra l'ammirazione per le metafore colorite e per le favole meravigliose e l'impegno, moderato di evitare le metafore e le trame troppo stravaganti, la soluzione proposta è però ora fortemente originale. Per il Pallavicino del Del Bene il descriminum tra invenzioni e figure lecite e invenzioni e figure illegittime non può fondarsi su di un controllo strettamente razionale della presenza nel mirabile di una verità o di un abile funzione di verità. Come il buio ci impaura anche se sappiamo che esso di per sè non è pericoloso, così la poesia parla agli uomini anche quando essi ne conoscno l'infondatezza, la sua estraneità al vero. Gli è che il piacere poetico sta soltanto nelle sensazioni che la poesia desta, nella <<prima apprensione>> di un'immagine e non nel <<giudicio>> sulla verità di essa.  
Eliminato il problema della verità e dell'ingannoal Pallavicino è possibile accordare ad una comune radice le due richieste fondamentali del suo gusto, che a prima vista appaiono opposte, quella barocca per le immagini pompose, sontuose, nuove mirabili e quella moderata di rispetto al verisimile: se la novità dell'immagine aumenta il piacere dell'apprensione, la verisimiglianza opera nella stessa direzione: non serve a cercare l'illusione di verità, bensì a dare più forti sensazioni al lettore.
Siamo su posizioni non molto lontane dalle più acute affermazioni del Villani con una convinzione ed una articolazione molto maggiori, sicché è forse giusto vedere nel Del Bene uno dei culmini della speculazione estetica secentesca. 
Pur nella sua sensibilità e nella sua intelligenza il Pallavicino resta un uomo del Seicento, un uomo cioè che ha poca fiducia nei valori umani autonomi, che tende a ridurli al puro aspetto di piaceri, piaceri leciti magari, verso i quali si può esercitare una gesuitica indulgenza. La <<prima rappresentazione>> appartiene a questo mondo umano, minore. Riconoscere il distacco dalla verità e dall'inganno della poesia, significa riconoscere la liceità di un tipo di diletto. 
In un clima di minore interesse per i beni minori di quello del Del Bene è comprensibile perciò che il Pallavicino sia tentato nel Trattato dello stile, di ricercare anche un finale morale alla poesia nella convinzione di rendere alla sua dignità un servizio, di <<filosofare di essa meno bassamente>>.
L'efficacia del Pallavicino nella cultura secentesca perciò, è valutabile in altra direzione: nella sistemazione più ampia della precettistica moderata del Peregrini e nel quadro critico  della letteratura contemporanea alla luce di un gusto barocco - moderato, che egli traccia in un'altra sua opera, le Vendicationes Societatis Jesu. Il Pallavicino, affronta qui un altro problema secentesco, il confronto tra la letteratura moderna e quella del passato, ed è dei moderni un deciso difensore: noon è vero che da quando i gesuiti si occupano dell'educazione ci sia stata nella letteratura una decadenza. 
Pur apprezzando le molte qualità del Marino, il Pallavicino riconosce in lui un fondamentale difetto, l'assenza di inganno filosofico che compromette in parte la sua poesia. I meriti della letteratura secentesca vanno, quindi ricercati al di là della figura del poeta dell'Adone: accanto al gusto degli <<Hilariores>>, degli amanti della amenità arguta marinistica, va sentita l'importanza dei <<severiores>>, dei seguaci del Chiabrera e, l'importanza dei tentativi di fondere vivacità marinistica con la gravità classicistica, l'importanza del testi che questa fusione ha compiuto nelle forme più facili, su cui a metà secolo al Pallavicino appare generale il consenso, e l'importanza del Ciampoli il poeta più caro al Pallavicino, che ha cercato, in forme più alte e più difficili di quelle testiane, il recupero di forme colorite immaginose e insiieme di una poesia imbevuta d'alti intendimenti morali e non è perciò poeta di immediata presa sui lettori, a prima vista risulta anzi oscuro, ma a una valutazione più immediata appare in grado di dilettare ed educare più profondamente dei suoi predecessori. 
Il quadro della poesia secentesca tracciato nelle Vindicationes Societatis Jesu segna così una svolta notevole del gusto secentesco. La letteratura contemporanea, si presenta ora in un panorama più vario, con interesse, proprio per la pluralità delle voci e per le soluzioni di raccordo e di compromesso, come quella testiana. Ma al culto della poesia di più diretto ascendente sul pubblico si sostituisce l'ammirazione per un poeat difficile il Ciampoli, lodato proprio per la complessità della sua ispirazione. E' questa la via dove è più facile il passaggio dal gusto secentesco a quello arcadico, che alla difesa pallaviciniana, della letteratura secentesca contrappone una decisa condanna, del Pallavicino recupera alcuni elementi: la contrapposizione del Chiabrera e dei classicisti al Marino e riprende la ricerca di una poesia nuova rispetto ai moduli rinascimentali e pur lontana dalla frivolezza marinistica e più energica e mossa di quella chiabreresca. 

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