Baltasar Graciàn
Filosofo e gesuita e uno dei più importanti scrittori aragonesi del Siglo de Oro
Nasce a Belmonte presso Calatayud, nella provincia di Saragozza, nel 1601 e muore a Terragona nel 1658.
E' il teorico più rappresentativo del concettismo, lo stile letterario barocco spagnolo, che si caratterizza per le espressioni ellittiche e per la concentraziione di un massimo di significato in un minimo di forma. Entra nell'ordine gesuitico, si dedica a una giovanile attività didattica che forse ispira il futuro trattato del 1642 Agudeza y arte de igenio, saggio di letteratura e estetica. Nel frattempo, acquisisce fama di predicatore, scontrandosi a volte con i suoi superiori pper il temperamento irrequieto che lo anima.
Le sue prime pubblicazioni (El Héroe, del 1637; El Polìtico, del 1640), attraversate da un rigido antimacchiavellismo, propongono modelli di comportamento cortigiano (El Discreto del 1646, e l'Oraculo manual Y arte de prudencia, del 1647) in un più elastico esercizio "tacitiano" del vivere di corte. Graciàn individua regole di comportamento per il perfetto uomo di corte dell'epoca assolutistica, chiamato a conciliare la propria posizione personale con le responsabilità di potere affidategli. Infine l'opera maggiore di Graciàn, il Criticòn, un romanzo allegorico e satirico diviso in tre parti pubblicate separatamente, racconta la vicenda di due protagoniisti, Critilo, l'uomo saggio, naufrago in un'isola deserta dell'Atlantico, e Andrenio, il giovane selvaggio che vi dimora, i quali rispecchiano nelle loro qualità contraddittorie eppure capaci di integrarsi, le umane peregrinazini terrene della felicità in seguito trasformatasi nella ricerca dell'immortalità, che aspetta i due viandanti su un'altra isola dell'arduo accesso.
Gioseffo degli Aromatari
Nel 1611, lo scrittore puubblica la Risposta di Gioseffo degli Aromatari alle considerazioni di Alessandro Tassoni sopra le rime del Petrarca, opera nella quale difende la lirica petrarchesca. Tuttavia egli è conosciuto soprattutto per la sua Epistola de generatione plantarum ex seminibus, pubblicata nel 1625, in cui confuta la tesi della <<generazione spontanea>>, secondo cui gli esseri viventi sono prodotti dalla materia inerte.
Egli sostiene invece l'ipotesi preformistica dell'embriologia vegetale, suggerendo che il seme contiene già in miniatura tutte le parti della futura pianta.
Modernità o classicità?
Charles Perrault
Tra il XVI e il XVII secolo, letterati e filosofi si dividono: chi deve ottenere il primato? Gli antichi oppure i moderni?
Le radici di quella che, nel secolo XVII, verrà ribattezzata in terra francese <<Querelles des Anciens et de Modernes>>, cominciano a sviilupparsi già nel secolo XVI, in Italia. Nel 1542 Speroni pubblica il Dialogo delle lingue, in cui esalta la forza della lingua volgare rispetto al latino. Nel 1549 la disputa sul primato tra classici e contemporanei s'innesta nei territori d'Oltralpe, quando Joachim du Bellay pubblica la Deffence et illustration de la langue française. Desmarets de Saint - Sorlin, infatti, attacca Boileau che svaluta duramente gli autori classici a favore dei contemporanei. Boileau porterà avanti la sua tesi anche negli anni successivi, fino all'edizione della Défense della poésie et de la langue française, pubblicata nel 1675. Le idee dii Desmarets vengono invece sostenute dai fratelli Charles e Pierre Perrault. La contesa si concentra su una particolare scelta, quella della lingua con la quale realizzare un'iscrizione su un arco di trionfo dedicato a Luigi XIV. La polemica interesserà anchei letterati italiani. Nel 1620, infatti, Alessandro Tassoni scrive il paragone degli ingegni antichi e moderni, una minuziosa opera di indagine comparativa in ogni campo dell'arte e del sapere. In Francia, è il partito anticalssicista ad avere la meglio, soprattutto grazie alle pubblicazioni di Fontanelle e di Charles Perrault, che tra il 1688 e il 1697, porta a termine i Paralleles des anciens et des modernes. Nell'opera paragona i classici a fanciulli, mentre esalta i contemporanei, la polemica si spegne in Francia, trovando nuovo vigore in Italia nel XVIII secolo.
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