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Critica e trattatistica del barocco

Da: Le discussioni sull'Adone



Girolamo Aleandri

Pronipote dell'illustre cardinale di cui porta il nome, nasce vicino a Treviso nel 1574 e muore a Parma nel 1629. Comincia giovanissimo la sua attività letteraria, componendo poemetti e, in latino, i Psalmi poenitentiales. A Roma è a servizio di Barberini ed è animato da un intenso fervore letterario. Il suo nome è legato  all'appassionata Diffesa dell'Adone, scritta coontro il libello Dell'Occhiale di Tommaso Stigliani, all'interno dell'acceso dibattito dell'epoca sull'Adone, la famosa opera letteraria di Giambattista Marino. 

Angelico Aprosio


Ventimiglia


A lui si deve unaa delle più antiche biblioteche d'Italia. Essa si trova a Vrntimiglia Alta, nell'antico palazzo comunale di via Garibaldi. 

Angelico Aprosio, entra nel convento agostiniano a Ventimiglia, distinguendosi soprattutto negli studi teologici e filosofici. E' uno spirito polemico e irrequieto, ma è anche un uomo curioso e appassionato di libri e viaggi. 
Aprosio, visggia molto in Italia raccogliendo, svariate opere che mai abbandonerà. A Siena, dove si stabilisce per un breve periodo, non trovandoo un rifugio conveniente per i suoi numerosi volumi, li accatasta sotto il letto. Aprosio frequenta e visita numerose Accademie italiane: Venezia, Gubbio, Firenze, Roma e Taggia. Nel 1648, Aprosio riesce finalmente a coronare il suo sogno, vale a dire quello di aprire la prima biblioteca in Liguria. Considerate una delle più antiche d'Italia essa riunisce all'incierca diecimila opere che abbracciano più di 150 anni di cultura europea. Sono anche presenti molteplici opere di narrativa, teatro, diritto, linguistica.
Nel 1653 l'Ambrosiana  viene ufficialmente riconosciuta da Innocenzo X.

Nicola Villani


Allegoria della musica e della poesia

A differenza di Tassoni, non è un indiscriminato difensore della modernità e, pur criticando la letteratura toscana, ammira l'antica Grecia, consapevole della divina funzione che qui aveva la poesia. 

Il nuovo esercito seicentesco

Il perenne stato di guerra in cui vive l'Europa porta alla creazione di eserciti sempre meglio organizzati. In Italia, però, la situazione rimane ancora arretrata. 

Il Seicento, vede il succedersi di numerose guerre con il conseguente e inevitabile affinamento delle tecniche e degli strumenti militari. Siamo di fronte a una condizione di guerra permanente che porta ben presto all'affermarsi del bisogno, di avere a disposizione un esercito stabile e ben addestrato da schierare sul campo di battaglia. La prima grande innovazione è l'adozione della baionetta. Ora l'organizzazione interna dell'esercito si fa maggiormente articolata secodno le diverse specialità di combattimento, dando vita ai battaglioni, alle brigate e alle divisioni. Rimane sempre predominante l'elemento mercenario delle truppe, attenuato soltanto da una più spiccata dimensione nazionale. Accanto alle nuove soluzioni belliche si formano figure militari che svolgono compiti indispensabili soprattutto in virtù della rinnovata azione dell'artiglieria e della necessità di costruire buone fortificazioni difensive. 
Guastatori, zappatori, vivandieri, personale sanitario e vari servizi ausiliari diventano ora indispenabili per un grande esercito. In questo periodo i piccoli stati italiani, impossibilitati a disporre di eserciti in grado neanche lontanamente di affrontare le corazzate europee, si limitano a favorire le potenze alleate valenti condottieri e capi militari. Il genovese Ambrogio Spinola al servizio della Spagna, il senese Ottavio Piccolomini e il modenese Raimondo Montecuccoli alla corte imperiale. Quest'ultimo, diverrà famoso per la sua grande opera di fortificazione lungo il fiume Raab nella zona più orientale dell'impero asburgico. Milano e Napoli, poi, partecipano all'azione militare europea fornendo uomini e forze agli eserciti di Spagna e Austria. Lo stato della Chiesa si distingue per una scarsa e disorganizzata struttura militare, anzi è caratterizzato da una profonda inefficienza. Solo Papa Urbano VIII si preoccuperà della situazione, facendo rafforzare Castel Sant'Angelo e il Quirinale, iniziando alcune opere di fortificazione sul Gianicolo e facendo costruire un arsenale in Vaticano e un forte sul confine modenese che assumerà poi il suo nome. Rimangono come forza a servizio del papa i soldati svizzeri chiamati a Roma da Giulio II e che montano da allora la guardia alla residenza pontificia. Sono però per lo più soldati da parata con armi e uniformi antiquate, tanto da far circolare frequentemente la voce che l'unico fuoco affrontato nella loro carriera militare siano i fuochi di San Giovanni. Il solo principato italiano a tenere in qualche modo il passo con il resto degli altri eserciti europei è lo stato sabaudo, forse anche perché sollecitato da una posizione geografica che lo pone a metà tra la potenza borbonica e quella asburgica. A Emanuele Filiberto va il merito, di aver dato una nuova struttura politica e amministrativa al ducato, ma di aver costituito il primo nucleo del futuro esercito nazionale, in cui aumenta di molto il numero e il peso delle milizie popolari, arrivando a disporre anche di più ventimila franchi. 

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