Critica e trattatistica del barocco
La critica antipetrarchistica del Tassoni
Alessandro Tassoni
Molti degli elementi che si sono passati in rassegna affiorano già pienamente nel primo grande episodo della critica secentesca, la revisione del culto rinascimentale del Petrarca per opera di Alessandro Tassoni.
Le tassoniane Consideraziioni del Petrarca sono sì un commento al Canzoniere e ai Trionfi, con risultati talvolta parecchio utili e interessanti.
Francesco Petrarca
Le tassoniane Considerazioni del Petrarca sono sì un commento al Canzoniere e ai Trionfi con risultati talvolta parecchio utili e interessanti. E sono un commento presentato come opera improvvisata, <<opera di viaggio, tessuta nel cuor del verno>>, quasi a spiegare le novità del suo atteggiamento polemico verso il poeta trecentesco con la singolarità delle circostanze che il suo lavoro hanno accompagnato.
Né gli impegni filologico - eruditi di tanta parte di questo commento né la sua presentazione come frutto di <<bizzarri umori>> imoediscono che le considerazioni siano una netta presa di posizione per un ridimensionamento della poesia del passato.
E' una protesta contro il dogma cinquecentesco dell'imitazione, condotta in nome della superiorità e della diversità degli <<usi moderni>>; è prciò chiaramente sulla linea che abbiamo visto caratterizzare un pò tutta la critica secentesca e presuppone tipiche interpretazioni secentesche della poesia. La poesia è una tecnica e come le tecniche viene con il tempo migliorata. La poesia è legata al successo presso il pubblico più che a una idea eterna di bello; è può essere paragonata alla moda (i fautori del petrarchismo possono perciò essere accostati agli antiquati portatori del saio fino al ginocchio).
Indica si i passi che gli piacciono e che testimoniano che egli ha sempre ammirato Petrarca <<sopra tutti i critici, così antichi come moderni>>, in una antologia che ha una sua coerenza e un suo interesse, ma il compito che gli sta a cuore è un altro: non illustrare le bellezze del suo poeta, ma segnalarne i difetti. Le lodi sono perciò molto rapide; le critiche invece molto insistite e animate da una vena arguta, talvolta felice, altre volte di dubbio gusto, che è da un lato uno strumento antipetrarchistico e che d'altro lato è ricercata anche per se stessa, come modo piacevole per intrattenere il lettore. L'atttività critica è per il Tassoni anche una forma di lettura autonoma. La denunzia dei difetti del Petrarca si fonda su elementi di gusto personale, sulla vigorosa impazienza di fronte alle raffinatezza stilistiche più difficili del Petrarca che è del risentito buon senso del Tassoni più che di generali richieste della sensibilità poetica del suo tempo. Ma si fonda anche su elementi diffusi nella cultura barocca. All'inizio delle Considerazioni il nome di Petrarca è associato a quello di Aristotile in una dichiarazione d'indipendenza sia dal prestigio del grande lirico sia dall'ossequio al giudizio del sommo filosofo.
La protesta contro l'autorità e i giudizi tradizionali, è resa poi più forte della netta estraneità del Tassoni al mondo sentimentale di cui è fiorito il culto per il Canzoniere. Il Tassoni sente con esasperazione l'improponibilità nell'età moderna dell'amor platonico ed è portato quindi a dubitare della sua validità anche nel passato, a crederlo anche allora <<un'ipocrisia>>. Vuole perciò ricontrollare alla luce d'un moralismo scrupoloso e disincantato in vero significato di certe formule amorose; smonta così le convinzioni dell'amor cortese.
Per questo disconoscimento dell'equilibrio su cui si regge l'amore nella poesia tradizionale, il Tassoni per un verso riduce le fantasie petrarchesce in termini di grezzo realismo. Quando accetta il piano alto di, sublime fedeltà e dedizione dell'amore del Petrarca, vi pretende una riigida coerenza, estranea alla mossa storia e al libero sognare del Canzoniere e propria semmai della precettistica astratta, da gioco di società, non da sentimento veramente partecipato, della letteratura d'evasione romanzesco - galante contemporanea.
Interpretazione realistico - grottesca della storia d'amore del Petrarca e all'opposto aspirazione a un puntiglioso regalismo prezioso: siamo in pieno entro la vita sentimentale barocca. Se come i barocchi il Tassoni critica il culto del modello petrarchesco in nome di diversi ideali sentimentali, lo critica talvolta anche perché alcune sue audacie metaforiche gli paiono annunciare le esagerazioni, del nascente concettismo che egli depreca, lo condanna insomma perché ha uno stile che precorre quello barocco. Il Tassoni non sente l'unità tra il mondo sentimentale del Petrarca, in cui non crede, e il suo figurato linguaggio; da perciò un'interpretazione alle sue metafore di tipo intellettualistico, vi vede delle aggiunte ingegnose, e non delle dirette espressioni del sentimento; legge cioè in chiave concettistica il Petrarca. Apprezza il concetto quando accosta due realtà che corrispondono minuziosamente; lo rifiuta quando questa corrispondenza non c'è e perciò si oppone alle stravaganze di <<alcuni moderni>>. Quando la figura petrarchesca nasce da un libero moto emotivo senza nessun vaglio intellettualistico, lontana quindi dallo spirito barocco, il Tassoni vi riconosce lo stesso un concetto, indotto forse da immagini affini che pure in Petrarca hanno carattere ingegnoso. Interpretata come un concetto, l'immagine appare mal costruita e il Tassoni propone perciò di sostituirla con un'arguzia più regolare. Il tassoni per eliminare un'immagine che in realtà non è affatto rpesecentistica e che invece al suo tipo di lettura intellettualistica appare stravagante, sostituisce ad esse un tipico concettino barocco, un concettino che sarebbe senz'altro molto piaciuto a quei <<moderni>> amanti dei <<traslati lontani>> che egli altrove vuole osteggiare.
Il momento in cui meglio appare la concordanza della critica appassionata con un pò tutte le tendenze innovatrici della cultura secentesca è però forse al di là delle considerazioni, negli scritti polemici contro Gioseffo degli Aromatari. In essi (soprattutto nella Tenda Rossa, tanto più vivace e animata della prima scrittura, gli Avvenimenti), accanto ai motivi ben rivelati delle Considerazioni (la concezione più libera della poesia, non ferma al culto rinascimentale dei modelli, la maniera più spegiudicata e <<piacevole>> di far critica, il distacco netto dai miti sentimentali della tradizione, l'interpretazione ingegnosa del linguaggio figurato) si vengono ad allineare, altri fondamentali atteggiamenti nuovi della mentalità secentesca; da una parte ci sono un ardore bellicoso chw porta nella disputa lo sprezzante puntiglio della neofeudale società del tempo, ed insieme il culto del successo librario; d'altra parte, l'importanza della ricerca del nuovo.
La lotta contro l'autorità già iniziata nelle Considerazioni è qui piena e in essa confluiscono accanto alle ragioni letterarie e a quelle religiose anche ragioni scientifiche.
Due aspetti dell'amor nuovo secentesco - il nuovo impegno scientifico e la ribellione al gusto bambistico - rinascimentale - che spesso nella cultura secentesca si presentano disgiunti, vengono così a coincidere.
Se l'accostamento tra il rifiuto dell'autorità nella precettistica letteraria e il rifiuto di Aristotile nelle scienze è coerente e dà all'antipetrarchismo tassoniano un solido fondamento culturale, meno valido è un altro tema della concezione <<moderna>> del Tassoni: il trasferimento dalle scienze alla poesia della tesi del costante progresso delle cose trovate dall'uomo.
E' meno valido non soltanto per quel che riguarda la poesia, concepibile come un eterno perfezionamento solo a patto di ridurla a tecnica e a tecnica dell'ornato per l'ornato, (solo cioè entro un particolare anche se importante settore del gusto secentesco, mentre l'idea del progresso ininterrotto delle cognizioni scientifiche guidderà la cultura moderna ben al di là del barocco). Il nuovo che la scienza rierca rischia infatti di essere apprezzato non tanto per i suoi valori di rigore metodologico me per la sua originalità; l'apologia degli aristotelici diventa così celebrazione dell'esibizione dell'ingegno; da questo punto di vista gli scienziati toscani secenteschi non avevano tutti i torti a essere conservatori in letteratura, ma proprio per difesa delle loro istanze scientifiche, per salvarle dall'estro barocco, dall'amore delle novità per se stesso, da una ribellione cioè all'autorità frutto di spregiudicato scetticismo più che di nuovi valori.
Nei pensieri diversi, dove, mentre si continua la battaglia letteraria in pro degli ingegni moderni sugli antichi ampliandola nel libro X in un quadro ampio e sistematico e insieme la si irrgidisce in un gusto di dissacrazione delle grandi fame e che non ha né le giustificazioni né la misura della polemica antipetrarchistica, nel campo della <<filosofia naturale>> la volontà della libera discussione, di indipendenza dall'autorità di Aristotile non riesce mai ad organizzzarsi con serietà di metodo, si disperde in mille rivoli alla ricerca del parsdosso brillante o della piccola verità nuova spiritosamente raggiunta, non ha cioè mai carattere scientifico ma di curiosità fantastica e, se c'è un impegno morale esso più che impegno di fedeltà al gran libro della natura, è impegno di non accettare passivamente la cultura del passato ma di incidere in esso un personale segno originale.
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